Il 14 luglio 2021, “Il Corriere della Sera” titolava: Manga, il fumetto senza scopo
che ha conquistato il mondo. Il 2 novembre dello stesso
anno, l'ex ministro della cultura Walter Veltroni scriveva, sempre
sul “Corriere”, un pezzo d’opinione intitolato Perché i manga hanno
conquistato i nostri ragazzi. Un pezzo pieno di
inesattezze e di ansia per l’ignoto, ma che, al di là della
retorica, sarebbe miope non identificare come sintomo di un sentire
nuovo.
In effetti, era già da qualche tempo che di manga si
cominciava a parlare con maggior insistenza, anche in quei contesti
letterari e culturali che mai prima avrebbero dedicato al fumetto
giapponese una simile attenzione. A prescindere dai toni entusiasti,
curiosi o apocalittici, il sottotesto era grossomodo sempre lo
stesso, a partire dalle parole utilizzate: “esplosione”, “boom”,
“invasione”, “crescita”, “conquista”, “soft power culturale”.
Insomma: il manga aveva fatto irruzione nel discorso pubblico
rivelando la sua potenza commerciale, posizionandosi settimana dopo
settimana in testa alle classifiche di vendita, trasformandosi da
produzione per una nicchia di appassionate e appassionati in “nuovo
fenomeno dell’editoria”. E venendo raccontato di conseguenza. Chi
frequenta il mondo dell’editoria a fumetti da prima del 2021 sa che
questa “invasione” era fenomeno ben poco nuovo e che il manga, a
partire dalla sua comparsa in Italia negli anni Ottanta, ha sempre
venduto tanto. [...] Al suo arrivo in Italia, a inizio anni Novanta, Dragon Ball vendeva
centomila copie ogni quindici giorni. In altri termini: è parecchio
tempo che i manga vengono tradotti e pubblicati in massa, e
altrettanto in massa vengono letti. Intere generazioni si sono
formate con questi fumetti e hanno plasmato così il loro immaginario.
Eppure qualcosa dev’essere cambiato perché prima di
manga non si parlava. Poi, a un certo punto, sì. E molto. Ma cos’è
a essere cambiato? La versione breve è: a cambiare sono state le
regole con cui vengono stilate le classifiche di vendita, che hanno
deciso di contare il fumetto giapponese assieme alla narrativa
straniera, rivelando una disparità di fatturato già esistente.
Potremmo quindi dire che la notizia dell’invasione ha
generato l’invasione stessa catalizzando l’attenzione di pubblico e
professionisti verso un settore finora poco considerato, generando
interesse che a sua volta ha generato domanda alla quale si
è risposto con un’offerta accresciuta. Il risultato è
che, in effetti, si trovano oggi in giro infiniti più manga di
quanti se ne trovassero fino a qualche anno fa. Se ne
producono di più e di più tipologie e li si può trovare in
luoghi inediti: le librerie, che hanno progressivamente modificato lo
spazio dedicato al fumetto in favore di una presenza nipponica via
via predominante; ma anche le biblioteche pubbliche e scolastiche,
gli inserti culturali dei quotidiani...
Insomma,
uno degli effetti di questa recente invasione, reale o percepita che
sia, è che se già l’immaginario del manga era centrale nella
formazione di tante lettrici e di tanti lettori, ora lo diventerà
sempre di più. Da cui la necessità sempre più diffusa di capire
questo fenomeno, di trovare strumenti per orientarsi in vista di un
confronto fattosi inevitabile.
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